Trattamento psicoanalitico delle psicosi e degli stati al limite
Nel trattamento del paziente psicotico o borderline, il primo scopo è quello di migliorare il suo mondo delle rappresentazioni oggettuali e del sé. In tale ottica la psicoanalisi appare il mezzo più adeguato al raggiungimento di tale scopo. La terapia farmacologica, in molti casi necessaria, non appare sufficiente. I farmaci antipsicotici possono modificare i sintomi più evidenti (terrore, confusione, allucinazioni ….) ma non modificano il mondo delle rappresentazioni oggettuali e del sé del paziente. Di conseguenza, se usati da soli, portano ad una riduzione temporanea dei sintomi, che si ripresentano puntualmente dopo un certo lasso di tempo. In teoria, con la psicoanalisi l’obiettivo che si intende raggiungere è il mettere il paziente in condizione di comprendere e risolvere i propri conflitti in una prospettiva evolutiva e successivamente cambiare il suo mondo delle rappresentazioni oggettuali e del sé.
Trattamento psicoanalitico di soggetti abusati e maltrattati
L’abuso o il maltrattamento di donne, bambini e adolescenti è rappresentato da tutte le forme di cattivo trattamento fisico e/o affettivo, abuso sessuale, incuria o trattamento negligente, nonché sfruttamento sessuale o di altro genere, che provocano un danno reale o potenziale alla salute, alla sopravvivenza, allo sviluppo o alla dignità dell’individuo, nell’ambito di una relazione di responsabilità, fiducia o potere. Oltre ai maltrattamenti verso donne e minori vi sono spesso comportamenti e atteggiamenti violenti nei confronti di soggetti deboli (disabili, anziani, ammalati…). Il maltrattamento può essere fisico, morale, psicologico, economico e via dicendo. Certamente gli autori delle violenze vanno denunciati, ma è necessario che la vittima sia protetta e rinforzata in modo da poter gestire ciò che alla denuncia fa seguito e che è anch’esso doloroso e stressante. Non basta poi che la situazione in cui i maltrattamenti si sono svolti finisca: occorre un’elaborazione dei vissuti relativi alla condizione subita, in modo da ripristinare una sana autostima e da aumentare la consapevolezza di sé e del proprio diritto al rispetto nelle relazioni personali e sociali.
Le emozioni inespresse non moriranno mai. Sono sepolte vive e usciranno più avanti in un modo peggiore.
Sigmund Freud
Trattamento psicoanalitico della depressione post-partum e post-aborto
Si crede erroneamente che la maternità debba essere sempre un momento facile e naturale per la donna che lo vive, come mangiare e dormire, che la maternità debba comportare esclusivamente gioia e serenità, che le madri debbano essere sempre felici di dedicarsi completamente ed esclusivamente ai loro bambini, che un disturbo dell’umore dopo il parto sia quindi segno di debolezza e non un vero e proprio disturbo. In realtà, la maternità, anche quando non complicata, comporta un nuovo ruolo che va appreso progressivamente, e che, come qualunque altro cambiamento, comporta sempre un’elevata quota di stress.
Nel post partum circa l’85% delle donne manifesta un qualche tipo di disturbo dell’umore. Per la maggior parte i sintomi sono lievi, di breve durata e si risolvono spontaneamente; il 15-20% delle donne sviluppa invece sintomi più significativi di depressione o ansia.
Nel Baby Blues si verifica una condizione di estrema stanchezza fisica della neo mamma legata sia alle fatiche del parto, sia al repentino cambiamento ormonale, sia allo stress vissuto nel travaglio e nel momento proprio del parto che predispone ad uno stato di stanchezza e di difficoltà nel relazionarsi con il proprio partner e con i familiari.
Con il termine “depressione post partum” viene indicata la vera forma depressiva che si manifesta dopo il parto e che può mantenersi per circa 6-7 mesi inalterata se non si interviene in modo appropriato. L’intensità di questa sintomatologia può variare da un lieve disagio nel gestire i rapporti all’interno del proprio nucleo familiare ad una totale difficoltà nell’affrontare gli eventi più banali legati o no alla maternità. In questi casi la madre va seguita attentamente sia dal medico sia dai familiari in quanto i mesi dopo il parto sono molto delicati per la madre e per il bambino.
La psicosi puerperale è la manifestazione più grave della depressione post partum: si tratta, infatti, di una forma grave di psicosi con un’incidenza stimata intorno all’ 0.2%.
I sintomi compaiono nell’arco di 15 – 20 giorni in tutta la loro gravità e fra i principali abbiamo allucinazioni visive ed uditive associate ad uno stato delirante e più volte di tipo maniacale. Le neo-mamme in questi casi sono totalmente incapaci di affrontare la vita quotidiana e di accudire il proprio bambino.
In questi casi è assolutamente necessario l’intervento specialistico, spesso anche farmacologico.
La Sindrome Post Aborto (PAS) è studiata già da molto tempo negli Stati Uniti. Si afferma che il 62% delle donne che hanno effettuato interruzioni volontarie della gravidanza soffre di questa sindrome con conseguenze psico-fisiche anche gravi. Le più ricorrenti conseguenze nel post aborto sono quelle tipiche del disturbo post traumatico da stress: il senso di colpa in primis, mai assente, in forma palese o nascosta; il rancore, con sentimenti di ostilità e addirittura di odio, per coloro che hanno contribuito alla scelta abortiva, con eventuali gravi ripercussioni sulle relazioni di coppia. Sono frequentemente presenti ansia, angoscia, tristezza, senso di vuoto. Ci sono infine forme di autopunizione, come il ricorso a dipendenze da alcool o da droghe, l’autolesionismo e la drastica perdita di autostima, i pensieri e talora i tentativi) di suicidio, spesso legati a date speciali, come l’anniversario dell’aborto o della data presunta del parto, fino alla ripetizione dell’aborto stesso.